Il Cratere degli Astroni è un vulcano spento che fa parte dell’area vulcanica dei Campi Flegrei. La riserva è rientrata all’interno del circuito di protezione speciale del WWF.

Il fondo del Cratere degli Astroni presenta alcuni rilievi tra i quali il Colle dell’Imperatore e il Colle della Rotondella che si sono formati in seguito all’attività eruttiva.

Nel punto più basso del cratere si trovano tre laghetti, Lago Grande, Cofaniello Piccolo e Cofaniello Grande, con vegetazione tipica delle zone lacustri (canne, giunti, tife e salici).

La riserva naturale offre al visitatore un vasto numero di sentieri. Ognuno di essi ha una sua peculiarità (botanica, zoologica, geologica) ma si intreccia e si completa con altri aspetti.

Il cratere degli Astroni si è originato circa 3.700 anni fa e fa parte di un sistema di edifici vulcanici sviluppatisi ad ovest della città di Napoli.

Sul significato del termine Astroni esistono diverse ipotesi.

Una di queste fa derivare l’origine del nome dalla parola Sturnis, per l’abbondante presenza di stormi di Aironi nell’area; alcuni invece ritengono che derivi da Sterope, un Ciclope che, secondo la mitologia, viveva in quest’area.

 Secondo un’altra ipotesi ancora, Astroni nasce dal termine Strioni o stregoni che, stando ad alcune credenze popolari dell’epoca, realizzavano nel cratere i loro riti magici. Antichi documenti che raccontano il percorso storico degli Astroni riportano del suo utilizzo come bagni termali, in cui nel 1217 si recò Federico II per curarsi da una malattia. La seconda metà del XV secolo vede la trasformazione del cratere degli Astroni in riserva di caccia Reale, per opera di Alfonso I d’Aragona, il quale popolò il cratere di specie animali di interesse venatorio come cinghiali, cervi, caprioli e uccelli.

Nel 1721 l’area sospese il suo ruolo di riserva di caccia e fu donata ai Gesuiti, che la tennero fino al 1739, quando fu ceduta a Carlo III di Borbone che la riconvertì in riserva di caccia e la ripopolò nuovamente di selvaggina.

A partire dalla metà del 1800, l’attuale riserva entrò nell’area di gravitazione della città di Napoli e la sua funzione iniziò a mutare radicalmente: dal 1919 al 1970, infatti, affidata in gestione all’Opera Nazionale Combattenti, l’area fu sottoposta ad un forte sfruttamento agricolo, mentre durante la seconda guerra mondiale fu utilizzata come deposito di armi.

Finalmente, nel 1969, il Ministero dell’Agricoltura e Foreste accolse le richieste di un gruppo di attivisti del WWF Italia, riconoscendo l’area come Oasi della protezione della fauna stanziale e migratoria. Nel 1970, quindi, gli Astroni furono acquistati dalla Regione Campania e nel 1987 il Ministero dell’Ambiente istituì la Riserva Naturale Cratere degli Astroni, ma solo nel 1990 venne firmata la convenzione tra il WWF, la Regione Campania, il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dell’Agricoltura e Foreste con la quale la gestione dell’intera area venne affidata al WWF Italia.

Nel 1992, quindi, l’Oasi fu aperta ufficialmente al pubblico.

Si accede alla Riserva percorrendo l’antico “sentiero borbonico”, lungo 360 m e costituito da circa 160 scalini, che scende sul fondo del cratere, nel cuore del bosco, con un dislivello di circa 80 metri. Da qui si incrocia lo “stradone di caccia”, un percorso ellittico di circa 3 km che corre sul fondo del cratere e dal quale si dipartono tutti i sentieri percorribili.

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