L’architettura singolare dell’acquedotto medievale di Salerno ha stuzzicato la fantasia dei salernitani che da sempre lo chiamano gli archi dei diavoli (l’arco re’ riavule).

L’Acquedotto di Salerno ha un lungo e glorioso passato, fatto di storie e di leggende, di importantissimi “primati” artistici e di eccezionale funzionalità ingegneristica.

La leggenda narra che i suoi archi divennero visibili ai cittadini all’improvviso, da un giorno all’altro, come per una magia demoniaca. E, alla loro comparsa, spaventarono i cittadini a causa della loro insolita e lugubre forma appuntita, ravvisabile negli inediti archi a sesto acuto.

In realtà, per la prima volta, in un’epoca ancora di architettura romanica, fu utilizzato l’arco ogivale, tipicamente gotico; solo dall’anno 1000 in poi l’arco ogivale sarà utilizzato in altri acquedotti. Dunque, i Ponti del Diavolo godono di questo importante primato, rappresentando una grandissima innovazione, rispetto al periodo in cui furono edificati.

La forma acuminata degli archi stimolò la fantasia dei salernitani; con il passare dei secoli si diffuse la leggenda che fosse stato il noto alchimista Pietro Barliario: questi aveva fatto un patto con il maligno che gli aveva concesso in cambio una schiera dei suoi diavoli per realizzare l’opera.

acquedottomedievaleSalerno

Una leggenda in verità anacronistica, oltre che inverosimile: Barliario visse in un periodo successivo all’edificazione degli Archi.

L’Acquedotto, inoltre, incrocia la sua storia con quella della massima istituzione della storia cittadina, la Scuola Medica Salernitana.

Anche qui, leggenda narra che sotto i ponti del Diavolo si incontrarono, per ripararsi in una notte burrascosa i quattro fondatori della Scuola Medica Salernitana: l’arabo Adela, il greco Ponto, l’ebreo Elino e il latino Salerno. I quattro erano feriti e presero a medicarsi le proprie ferite, l’un l’altro; si accorsero, così, che ciascuno aveva un diverso modo di curarsi e rimasero affascinati dalla cultura medica degli altri.

Tale leggenda è una sorta di metafora esemplificativa di ciò che avvenne in quegli anni (IX – X secolo) a Salerno: vi era uno straordinario clima multiculturale e multietnico, che fu in effetti alla base della contaminazione di conoscenze mediche importanti tra le varie comunità etniche presenti in città (appunto latina, greca, araba ed ebraica) e diede il la alla Scuola Medica Salernitana! E l’esistenza stessa di questa leggenda ambientata presso l’Acquedotto fa comprendere quanto i Ponti del Diavolo fossero un luogo ben noto e riconoscibile nel senso comune non solo a Salerno, ma probabilmente in tutto il Mezzogiorno d’Italia.

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