Se sul finire dell’estate, il viaggiatore sceglierà di percorrere itinerari irpini di feste e di sagre, dovrà considerare di far tappa a Mirabella Eclano, per il suggestivo trasporto del Carro.
L’appuntamento è fisso: il sabato che precede la terza domenica di settembre, giorno in onore della Madonna Addolorata, a cui è dedicata questa singolare macchina da festa, un obelisco alto circa venticinque metri il cui scheletro è costituito da una struttura di travi lignee rivestite da pannelli di paglia lavorata a mano. Il Carro viene trasportato, attraverso i campi e lungo le strade cittadine, da sei coppie di buoi e da una moltitudine di uomini.
Aggrappati alle funi di canapa che si diramano da esso, i “funaioli” lo tirano a braccia pronti a correre, ad allentare la presa o a frenarne la corsa, pur di evitare l’evento più temuto, una rovinosa caduta considerata dai protagonisti del rito foriera di sventure: Nel 1881 e del 1961 il Carro si abbatté al suolo, annunciando la carestia che colpì l’Irpinia nel 1882 e il terremoto del 1962. La “tirata” dura circa cinque ore e si conclude con il trasporto in trionfo del timoniere e con la benedizione degli animali davanti alla chiesa dedicata alla Madonna Addolorata.
Questo “gioiello di paglia”, che costituisce il simbolo della comunità mirabellana, incarna contemporaneamente i due aspetti, sacro e profano.
Il Carro di Mirabella Eclano, inoltre, viene smontato nelle decine e decine di pannelli, travi di legno e funi, per essere poi rimontato verso la fine di agosto nella consolidata struttura piramidale. Questo aspetto sembra ricordare il decadere e il risorgere della vegetazione.
Il grano da sempre riveste un ruolo fondamentale per la sopravvivenza dell’essere umano ed è per questo motivo che generalmente nelle ritualità agresti esso è un elemento centrale di interesse, considerato il simbolo del dono della vita, che può essere soltanto un dono degli dei.
Il Carro di Mirabella Eclano nasce alla fine del 1600, arricchito da nuovi ed originali elementi di paglia, ma pur sempre legato all’elemento originario che aveva dato vita alla tradizione, e cioè il comune carro agricolo a due ruote.
Per quanto concerne la facies artistica, entra di diritto nella storia dell’arte, in particolare rappresenta un risvolto, seppur tardivo, della temperie culturale barocco-napoletana.
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