La piazza di Rocca San Felice si apre, agli occhi del turista, come uno scenario suggestivo, di cui il grande tiglio occupa gran parte della visuale.
Sotto le sue fronde, i rocchesi si incontrano per discutere, per godersi il fresco, per riposarsi.
Il tiglio secolare è il fulcro del paese e non potrebbe essere altrimenti: Fu piantato durante la Rivoluzione partenopea come simbolo di libertà.
Un albero, dunque, che ha rappresentato l’alba di una nuova civiltà, il cui scopo è stato quello di animare le virtù civili ed etiche di democrazia politica tanto osteggiate dai difensori legittimi dell’alleanza trono-altare, i quali opposero all’albero della libertà la croce, con un oscurantismo tale da far credere al popolo che gli ideali di libertà, uguaglianza e di democrazia repubblicana fossero antitetici al Cristianesimo, quando invece le idee democratiche costituivano l’essenza del Vangelo.
Alla destra del tiglio, nella piazza, si può ammirare l’armonica serie di archi in pietra, sulla quale si allunga il bel loggiato del palazzo De Antonellis-Villani.
Il lato sinistro non è da meno, con la fontana monumentale dalle linee classiche.
Di fronte alla piazza ci sono “re muredde” , mura in pietra che contengono le scalinate che conducono alla Chiesa Madre e poi al Castello.
Rocca San Felice è dunque uno scenario secolare, imponente e protettivo. Il tiglio solenne ammanta di sacralità la piazza, pare emanare lo spirito poetico che ha ispirato versi rivoluzionari, come quelli scritti da Eugenio Romeo:
“Viva l’albero innalzato
della nostra libertà;
sorgi, o pianta avventurosa;
ergi il tronco, e i rami in alto,
e disprezza il vano assalto
di nemica crudeltà.
Tu raccogli all’ombra amena
questo popolo rinato,
che già l’albore innalzato
della propria libertà”.*
*Versi che divennero una sorta di inno nazionale della Repubblica Napoletana del 1799.
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