Molte leggende a Salerno prendono spunto dalla presenza della Scuola medica salernitana, la più antica istituzione medica del mondo sorta a Salerno nel Medioevo.
Una di queste, diffusasi in tutta Europa e presa di spunto da molti favolieri, è chiamata Il povero Enrico.
Il protagonista di questa storia è Enrico, un giovane principe tedesco molto amato dal popolo. Purtroppo Enrico rimase contagiato dalla lebbra che lo sfigurò orrendamente tanto che il popolo iniziò a chiamarlo povero Enrico. In sogno, però, gli apparve il diavolo camuffato da medico itinerante che gli consigliò, per guarire, di fare un bagno nel sangue di una vergine che si fosse offerta spontaneamente per il macabro rituale. A voler sacrificare la propria vita fu la bellissima Elsie, figlia di un facoltoso nobile, che era segretamente innamorata dello sventurato principe. Enrico, però, non volle in alcun modo far compiere l’estremo gesto alla bella Elsie e decise di recarsi a Salerno, insieme alla fanciulla, per chiedere consulto ai maestri della Scuola Medica Salernitana.
Giunto a Salerno il principe, però, non riuscì a chiedere subito consulto ai maestri dato che era in corso la fastosa cerimonia di giuramento dei neo laureati, che si teneva presso la Chiesa di San Pietro a Corte, alla quale partecipavano tutti i medici della Scuola. Enrico, quindi, nell’attesa decise di recarsi sulla tomba dell’Evangelista Matteo per pregare in attesa del consulto medico. Miracolosamente, mentre il principe stava ancora pregando, il Santo gli concesse la grazia e lo guarì dalla lebbra non lasciando neanche un segno della terribile malattia. Entusiasta della guarigione Enrico sposò immediatamente la bella Elsie festeggiando grandiosamente in tutta la città.
L’altra favola racconta di Roberto di Normandia e di Sibilla da Conversano.
Roberto durante le crociate fu colpito da una freccia avvelenata e, di ritorno in Inghilterra, dato che le sue condizioni peggioravano sempre di più, si fermò a Salerno. Qui i medici espressero il loro verdetto: l’unico modo per salvargli la vita era quello di succhiargli via il veleno dalla ferita, ma chi l’avrebbe fatto sarebbe subito morto. Roberto rifiutò tutti i volontari, ma durante la notte sua moglie, Sibilla da Conversano gli succhiò il veleno.
Questa favola è raffigurata in una miniatura del Codice di Avicenna, in cui si vede Roberto che, alle porte della città, ringrazia e saluta i medici.
Nell’ immagine in evidenza medici celebri e personalità legate alla scuola
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