Uno dei figli più illustri di Frigento fu Marciano Di Leo (1751-1819), canonico della cattedrale, storico, politico, poeta, filosofo, autore del Vesuvio, un’opera in versi dedicata all’eruzione vesuviana dell’8 agosto 1779.

L’interesse dell’opera di Di Leo è costituito dal fatto che in essa si fondono l’interesse scientifico verso i fenomeni della natura, tipico dell’Illuminismo, con la classicità dell’espressione poetica.

L’intellettuale frigentino, pur nei limiti della sua formazione personale e del contesto ambientale in cui si è trovato ad operare, ha intrapreso una prospettiva precocemente olistica che lo porta, anche nella produzione storica e geografica, a coniugare i primi vagiti dell’ecologismo e dell’etica ambientale con le prospettive di gestione del territorio, diremmo oggi di corretta pianificazione territoriale, sforzandosi di migliorare le sue competenze in campo scientifico. Intellettuale a tutto tondo, formatosi sulle opere di Tasso, Virgilio e Omero, Di Leo fu nominato, canonico teologo della cattedrale frigentina.

L’opera del Canonico Di Leo non è la solita cronistoria dell’eruzione, a cui siamo più spesso abituati, ma un autentico poema i cui versi sono di spessore e qualità letteraria non indifferenti e che sotto certi aspetti addirittura anticipa o prelude La Ginestra di Giacomo Leopardi, con la quale non sono pochi i paralleli che si possono congetturare. Ma nel poema del Canonico di particolare rilevanza è il succedersi dei fenomeni naturali, non solo vulcanici, manifestatisi con l’eruzione del Vesuvio occorsa nell’Agosto del 1779.

 

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