SALERNO CONTEMPORANEA
La città di Salerno e la sua storia in età contemporanea, sintetizza i caratteri principali della trasformazione e della modernizzazione del Mezzogiorno italiano. La città, e la sua provincia, sono stati un terreno importante di sperimentazioni politiche, culturali e sociali che ne hanno marcato lo sviluppo fino ai nostri giorni. Agli albori dell’età contemporanea, dopo le grandi rivoluzioni atlantiche, anche il salernitano era stato coinvolto dai dibattiti, politici e culturali, dell’epoca dei lumi. Alcuni tra i maggiori illuministi del napoletano provenivano dal suo ambiente sociale. Nei giorni convulsi della rivoluzione e della guerra civile del 1799, Salerno (come quasi tutto il territorio provinciale) fu teatro di sanguinosi scontri tra repubblicani e realisti, francesi ed inglesi. Nel Decennio francese, abolito il feudalesimo e superate le strutture di Antico regime e le sue eredità del passato (come la Scuola medica salernitana), la città diventò il centro istituzionale di una vasta provincia, i cui caratteri politici, come i confini geografici, si sono largamente conservati fino ai nostri giorni.
Nella prima metà dell’Ottocento la vicinanza alla capitale, Napoli, lo sviluppo nel suo circondario di alcuni dei primi segmenti industriali del regno e la dimensione demografica del territorio provinciale restituirono progressivamente a Salerno un ruolo perso nell’età moderna. La politicizzazione di settori importanti della società combinò questi elementi con una lotta ideologica che conobbe fasi difficili e intense, spesso drammatiche e sanguinose. Nella rivoluzione costituzionale del 1820 Salerno fu il centro principale della mobilitazione liberale. Nei decenni dell’assolutismo registrò una complessa e alternante lotta politica tra i difensori del regime borbonico e i sostenitori del liberalismo, le cui linee principali continuarono nella rivoluzione del 1848 e fino al crollo del regime borbonico. Nel 1857, ad esempio, ospitò uno dei primi grandi processi del secolo seguiti dalla stampa internazionale, quello tenuto ai superstiti della Spedizione di Carlo Pisacane, sconfitta nel Vallo di Diano dalle forze di sicurezza borboniche. Per questi motivi, Salerno fu scelta come obiettivo strategico della marcia di Garibaldi nel 1860 e diventò uno dei luoghi simbolici della rivoluzione nazionale unitaria nel vecchio Regno delle Due Sicilie. Il comune capoluogo, e molti centri della provincia, dove si era formata una importante élite nazionale liberale, furono tra i primi a votare l’adesione alla nascente nazione italiana.
La città di Salerno si trasformò nell’età liberale (1861-1922). Innanzitutto perché diventò un crocevia ferroviario e commerciale tra i più importanti del Mezzogiorno italiano. In secondo luogo perché fu una delle roccaforti della Sinistra storica e di conseguenza uno dei centri più attivi della politica meridionale fino all’età giolittiana. Le testimonianze dell’epoca sono visibili nella trasformazione urbana, che ampliò definitivamente il cerchio cittadino fuori dalle antiche mura, modificò molti spazi nella toponomastica o nelle rappresentazioni fisiche, come le statue della Villa comunale e il teatro Verdi, che celebravano la definitiva integrazione nella nuova nazione italiana. La massiccia partecipazione della popolazione provinciale alla Grande Guerra contribuì a cambiare il contesto sociale ed economico che accompagnò la crisi dello stato liberale. Salerno registrò episodi di lotta, figli del contrasto tra fascisti ed antifascisti, fino alla definitiva sostituzione dell’amministrazione liberale, legata a Giovanni Amendola, con un governo cittadino espressione del regime di Mussolini. Il fascismo salernitano continuò le linee di espansione della città nel Ventennio, celebrando la sua vittoria con gli edifici che ancora oggi segnano aspetti importanti dell’identità locale (Casa comunale e Prefettura). Negli anni del regime iniziò una significativa trasformazione della relazione tra la città e le aree circostanti, innanzitutto la piana del Sele e l’agro nocerino-sarnese, dove nuove attività imprenditoriali, legate al tabacco, all’edilizia e alle meccanica iniziarono a formare un diverso profilo economico sociale del salernitano.
Nel 1943 Salerno diventò il crocevia della crisi del fascismo e del vecchio stato italiano, e una delle zone calde delle frontiere dell’Europa nazista. La piana fu il teatro del primo grande sbarco alleato sul continente e della dura battaglia che seguì tra gli anglo-americani e le armate di Hitler. Pochi mesi dopo, il governo italiano, ricostituito dopo il collasso dell’armistizio, si trasferì a Salerno, dove l’esecutivo cercò di ricostruire la legittimità e la continuità istituzionale dello stato, mentre vecchi e nuovi partiti iniziarono un percorso che terminerà pochi anni dopo con la fondazione della Repubblica (svolta di Salerno, 1944). In città questo processo di transizione finirà solo negli anni Cinquanta, con la sparizione dei monarchici e la definitiva affermazione dei partiti di massa. Nella prima fase della storia repubblicana, tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta, la città registrò la più grande trasformazione della sua storia. La progressiva marginalizzazione del contesto rurale e contadino, con la contestuale accelerazione dell’urbanizzazione, insieme alla crescita economica, moltiplicata negli anni del Miracolo, cambiarono radicalmente il volto di Salerno. L’espansione demografica, la creazione di importanti infrastrutture come il porto, la localizzazione di imprese pubbliche e private nella neocostituita zona industriale definirono le linee principali dell’attuale assetto urbano. Inoltre, la presenza delle grandi forze politiche repubblicane contribuì ad inserire la provincia, spesso con successo, nella nuova stagione della storia italiana, segnata dal protagonismo assoluto degli attori partitici e sindacali, innanzitutto la Democrazia Cristiana, in secondo luogo le sinistre socialista e comunista.
Alla fine degli anni Settanta la città cominciò una fase diversa, durata fino ad oggi ma simile a quella degli altri centri urbani italiani ed europei, segnata dalla progressiva laicizzazione e mobilitazione della società, dalla conseguente sparizione delle ultime tradizioni della società rurale e dalla diffusione di modelli culturali moderni e livelli di alta scolarizzazione. La crescita dell’Università, fino alla sua trasformazione in un grande ateneo, negli anni Novanta, fu uno dei più evidenti passaggi, anche simbolici, di questa stagione storica. La politica, segnata dalla crisi dei partiti del 1992-94, registrò la fine dei grandi partiti di massa e la formazione di modelli segnati da una accentuata personalizzazione della politica e dei processi decisionali. Allo stesso tempo la città cambiò la sua caratterizzazione sociale ed economica. Le grandi imprese sparirono una dopo l’altra, mentre piccole e medie aziende si distribuivano soprattutto nelle aree territoriali limitrofe o nella fascia appenninica. Lo sviluppo dell’area metropolitana consentì l’accentuazione del profilo commerciale della città mentre l’espansione edilizia ebbe momenti altalenanti. La crescita delle presenze di viaggiatori, nelle coste cilentana ed amalfitana, e nell’entroterra, a partire dagli ultimi anni, ha permesso anche un maggiore sviluppo turistico della città, favorito dal successo del recupero degli spazi fisici ed architettonici del centro storico.
LA CONTEMPORANEA CITTÀ DELLE ARTI E DELL’ARCHITETTURA
Tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso la città di Salerno ha vissuto una stagione culturalmente vivace, segnata non soltanto dalla presenza di importanti studiosi e intellettuali, legati alla giovane Università degli Studi, nelle cui aule s’incontravano Edoardo Sanguineti e Tullio De Mauro, Filiberto Menna e Gioacchino Lanza Tomasi, Achille Mango e Mario Perniola, per citare solo qualche nome, ma caratterizzata anche da un fervore diffuso che si esprimeva nella nascita di gallerie d’arte, librerie e circoli culturali e nell’organizzazione di importanti rassegne teatrali e cinematografiche, mostre e convegni di grande respiro che coinvolsero la città in un clima di entusiasmo e di partecipazione. Le mostre promosse da Marcello Rumma, collezionista ed editore d’eccezione, tra gli artefici dell’affermazione internazionale dell’arte povera; le tre indimenticate edizioni della Rassegna Teatro Nuove Tendenze, che sotto la guida di Filiberto Menna e di Giuseppe Bartolocci proposero a Salerno il meglio dell’avanguardia teatrale; l’attività delle gallerie, tra cui spiccava quella de Il Catalogo, uno spazio tuttora attivo fondato nel 1968 grazie all’incoraggiamento del poeta Alfonso Gatto; la formazione, nella seconda metà degli anni settanta, del Teatro Gruppo, in cui maturarono esperienze legate alle tradizioni popolari, alla musica, al teatro ed anche alla fotografia: sono questi solo alcuni degli episodi che scandirono una fase cruciale della crescita culturale di Salerno, che di quegli anni ha raccolto solo in parte la ricchissima eredità.
Gli ultimi decenni del Novecento hanno infatti visto soprattutto l’istituzionalizzazione di alcune esperienze: nel 1989 nasce per volontà della famiglia la Fondazione Filiberto Menna. Centro Studi d’Arte Contemporanea, che ha aperto alla città la biblioteca dello storico e critico d’arte salernitano e che tuttora promuove, sulla scorta della lezione analitica dello studioso, la riflessione sui linguaggi e sulla teoria delle arti attraverso incontri, convegni, dialoghi d’artista, workshop e mostre di ricerca; viene in seguito istituita la Fondazione Alfonso Gatto, che dopo alterne vicende oggi lavora in maniera più decisa alla valorizzazione della produzione letteraria e artistica del poeta. Molto più giovane è la Fondazione Salerno Contemporanea, rivolta in particolare alla proposta di esperienze e ricerche teatrali. Agli anni Novanta risale la nascita di Linea D’Ombra-Festival delle culture giovani, che si è affermato come una vetrina dei linguaggi e della creatività delle ultime generazioni, con attenzione al cinema, alla video arte, alla performance, alla grafica e alla musica, che a Salerno vanta un’importante tradizione, soprattutto nell’ambito del jazz.
Accanto alle attività espositive promosse dalla Fondazione Menna, dalle gallerie d’arte – tra cui quella di Paola Verrengia si caratterizza per continuità – e da alcune associazioni, nei primi anni del nuovo secolo l’arte contemporanea si è mostrata a Salerno grazie ad eventi sostenuti direttamente dalle amministrazioni locali. Negli spazi ritrovati del Complesso Monumentale di Santa Sofia il Comune ha proposto mostre di grande richiamo che hanno presentato, tra l’altro, opere di Picasso, Mirò, Warhol e progetti di Pier Luigi Nervi, mentre Palazzo Sant’Agostino, sede della Provincia, ha ospitato prevalentemente artisti legati al territorio, che trovano oggi accoglienza anche negli spazi della Pinacoteca Provinciale. Tra il 2011 e il 2011 la Soprintendenza BSAE di Salerno ed Avellino ha promosso la rassegna Door to door, interventi site-specific di arte contemporanea nel Centro Storico di Salerno, dove sono ancora visibili alcune opere realizzate per l’occasione. Ad arricchire il patrimonio monumentale della città sono poi la Fontana felice realizzata da Ugo Marano in ceramica azzurra a Corso Garibaldi e a piazza Flavio Gioia la fontana dei Delfini di Riccardo Dalisi. Il centro della città da alcuni anni ospita nei mesi invernali le effimere architetture luminose che disegnano il percorso colorato delle Luci d’artista, manifestazione che ottiene un ampio successo di pubblico.
L’attenzione per la letteratura si è espressa nell’attività, iniziata nel 1996, della Casa della Poesia, che nel corso degli anni ha portato a Salerno alcuni tra i protagonisti della poesia internazionale, e, più di recente, nel Festival Salerno Letteratura che, grazie anche al determinante contributo dell’Università, per alcuni giorni occupa la città, le sue strade e le sue piazze, con le parole e le voci della letteratura contemporanea.
Negli ultimi decenni è poi cresciuto notevolmente, grazie alla politica urbanistica del Comune, l’interesse per l’architettura.
La città di Salerno, il cui paesaggio urbano è tra l’altro segnato da alcuni interessanti episodi di architettura di primo Novecento, accoglie così oggi una serie di progetti, per lo più ancora in corso di realizzazione, firmati da alcune fra le grandi archistar contemporanee: è il caso, ad esempio, della cittadella giudiziaria disegnata da David Chipperfield e della stazione marittima di Zaha Adid, senza dimenticare il più defilato palazzetto dello sport di Tobia Scarpa nella zona orientale. Cantieri che, assieme a quello, molto discusso, del monumentale Crescent firmato dall’architetto catalano Ricardo Bofill, restituiscono l’immagine di una città in continua trasformazione..
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