La costiera amalfitana, per la sua incantevole bellezza, stregò anche Boccaccio, che così la decantava:

“… (…) Credesi che la marina da Reggio a Gaeta sia quasi la più dilettevole parte d’Italia; nella quale assai presso a Salerno e una cosa sopra’l mare riguardante, la quale gli abitanti chiamano la costa d’Amalfi piena di piccole città, di giardini e di fontane, e d’uomini ricchi e procaccianti in atto di mercatantia sì come alcuni altri (…)”.

Il dolce pellegrinare per la Campania del Boccaccio è legato al mestiere del padre, procuratore del banco fiorentino dei Bardi, che con le loro ricchezze erano tra i maggiori finanziatori di Re Roberto d’Angiò. Il giovane Giovanni, proprio alla corte angioina fu introdotto alle arti raffinate, in particolare alla poesia ed alla scrittura. Anche quando, ormai in età matura, tornerà nella sua Toscana, Bocacccio ricorderà sempre con nostalgia la sua gioventù nel paradiso del Sud, tanto da trasfigurare quegli anni trascorsi tra Napoli e Salerno nella trama di alcune sue novelle.

La quarta novella della seconda giornata del Decameron, è quella in cui si raccontano le peripezie marittime e commerciali del giovane mercante che porta l’antico nome della famiglia Rufolo di Ravello. Il protagonista è Landolfo Rufolo, “nobile per nascita, pirata per scelta, naufrago per ventura e infine, per abilità e buona sorte, felice proprietario di un immenso tesoro”.

La novella, narrata dalla dolce Lauretta, viene presentata in questa sintesi:

Landolfo Ruffolo, impoverito, divien corsale (corsaro),

 e da’ genovesi preso, rompe il mare (naufraga),

e sopra una cassetta, di gioie carissime piena, scampa,

 e in Gurfo (Corfù) ricevuto da una femmina, ricco si torna a casa sua.

La prosa volgare di Giovanni Boccaccio, con la sua freschezza primigenia, a distanza di secoli, rappresenta ancora un invito a visitare Ravello, come luogo storico di incontro di musicisti, letterati, artisti…

L’immagine in evidenza mostra la novella di Landolfo Rufolo illustrata in una miniatura del XV secolo

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