Lo sbarco di Anzio fu un’operazione militare di sbarco anfibio, avvenuta il 22 gennaio 1944.

Si trattò di un’operazione condotta dagli Alleati americani durante la campagna d’Italia nella seconda guerra mondiale. Il nome in codice di questa operazione era Shingle. L’obiettivo era infatti quello di aggirare la linea Gustav, distogliere le forze tedesche dal fronte di Cassino e, sconfitti gli occupanti, liberare Roma.

Lo sbarco avvenne con successo, ad opera del IV Corpo d’armata statunitense, guidato dal generale John Lucas. La battaglia fu tuttavia lunghissima e dolorante. Solo nella primavera successiva i tedeschi furono costretti alla ritirata. Ma la forza nemica non fu distrutta, si dispose invece sulla Linea Gotica bloccando per mesi gli anglo-americani.

La rievocazione storica ricordata ad Anzio mira a sottolineare il bagno di sangue costato in quel 22 gennaio fino al maggio successivo. Cinquemila i tedeschi morti e settemila gli anglo-americani. Oltre 66mila feriti e dispersi fra i due schieramenti.

Ricordare per non dimenticare. Affinché simili carneficine non si ripetano. Due anni fa, nel 73° anniversario di quegli eventi, presso il Beachhead Commonweath Cemetery, le autorità civili e militari, con i sindaci di Anzio e Nettuno, hanno reso omaggio alle vittime. Corone di fiori sono state poi deposte presso il War Commonwealth Cemetery, il porto neroniano e il monumento ai caduti.

A distanza di due anni questo gennaio, su quella spiaggia, ricorrendo a mezzi anfibi, figuranti e veicoli d’epoca, con tanto di sorvolo di mezzi aerei, ai presenti è stato fornito uno spaccato di quanto avvenuto durante l’operazione Shingle.

Dopo questo sbarco tremendo molte storie furono raccontate e ricostruite. Fa queste, Ennio Silvestri uno storico di Anzio scomparso, ha donato al mondo la storia di Angelita. Molti l’hanno additata come falso storico. Ma Angelita non ha alcuna “presunzione di essere”, lei è il simbolo di tutti i bambini vittime della guerra.

Ad Anzio una statua in bronzo raffigura Angelita. Ha i codini, un vestito sopra il ginocchio ed è scalza. Attorno a sé ha cinque gabbiani, a cui protende le braccia. Come per giocare con loro, ma sembra anche che la stiano portando via. Via dalla guerra. Via dal dolore.

La storia narrata di Angelita è quella di una bambina ritrovata durante lo sbarco alleato, dagli americani, sola sulla spiaggia. Aveva tra i cinque e i sei anni.

Il caporale Hayes ricostruisce con queste parole la storia di Angelita:

“La notte dello sbarco la mia pattuglia superava velocemente la riva temendo la violenta reazione nemica quando, giunti ai limiti del bosco (si presume Tor Caldara, ndr ) restammo impietriti sentendo qualcuno lamentarsi. Avanzammo con cautela e scoprimmo trattarsi di una bambina dell’età apparente di sei anni, terrorizzata e con il volto bagnato di lacrime. Non sapendo cosa fare e non parlando nessuno di noi alcuna parola in italiano, prendemmo in braccio la bambina e ci inoltrammo nel bosco, trasportandola a turno, quasi come un simbolo di vita e di speranza per ogni soldato della pattuglia. L’alba di un giorno freddo ma luminoso (22 gennaio 1944) era appena spuntata incerta nel bosco quando noi riprendemmo l’avanzata con precauzione. La notte cadde ma Angelita era di ora in ora più serena e sorrideva timidamente agli sforzi miei e dei miei compagni per farci comprendere ed inventare smorfie e giochi che la divertissero. Lasciammo, obbligati, Angelita in una località, Carroceto, dove la Croce Rossa curava i feriti. Mentre ci dirigevamo verso il Flyover vedemmo una salva di cannonate investire il punto in cui c’erano i feriti. Ero l’ultimo della fila e mi precipitai a vedere: i feriti erano rimasti tutti uccisi, anche Angelita. Strinsi la bambina per l’ultima volta quale estremo saluto mio e dei miei compagni e la adagiai lungo il ciglio della strada tra i morti inglesi, americani e tedeschi”.

La figura di questa piccola fanciulla, sia essa verità o falso storico, è carica di valenza etica poiché la sua innocenza non lascia indifferenti i cuori.

 Una canzone a lei dedicata scritta da Marcel Ferial e presentata al Musichiere ebbe un grandissimo successo.

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